Nuvole in Viaggio - rassegna di documentari d'autore
Inizia venerdì 20 febbraio ad Este la rassegna di documentari d'autore Nuvole in Viaggio organizzata da Euganea Movie Movement in collaborazione con l'assessorato alla Cultura di Este. Quattro documentari che raccontano storie di uomini e donne ancorate ad un presente drammatico ma alla costante ricerca di un futuro migliore.
Tre dei quattro registi
sono veneti: Penelope Bortoluzzi, Andrea Segre e Pier Paolo Giarolo. Si comincia con la proiezione del film Fondamenta
delle Convertite della veneziana Penelope Bortoluzzi che sarà in sala per
presentare il suo lavoro, premiato con una menzione speciale della giuria al
Festival dei Popoli. Di seguito il calendario delle quattro serate e la scheda tecnica del film.
L'inizio delle proiezioni è alle ore 21.30, ingresso 3 euro (tranne per la prima serata ad ingresso gratuito).
per informazioni: cell. 347.2935535
Venerdì 20 Febbraio | Aula Magma, presso Ex Collegio Vescovile, Este
Fondamenta delle convertite
di Penelope Bortoluzzi
Italia 2008, 117 min.
Giovedì 26 Febbraio | Teatro dei
filodrammatici, Este
Come un uomo sulla terra
di Andrea Segre
Italia 2008, 60 min.
Venerdì 13 Marzo | Teatro dei filodrammatici, Este
Sognavo le nuvole colorate
di Mario Balsamo
Italia 2008, 65 min.
Venerdì 20 marzo | Teatro dei filodrammatici, Este
Un piccolo spettacolo
di Pier Paolo Giarolo
Italia 2006, 65 min.
FONDAMENTA DELLE CONVERTITE
di Penelope Bortoluzzi
documentario, Italia 2008
Sinossi
Un anno nel carcere
femminile di Venezia: la vita quotidiana nei corridoi e negli spazi comuni di
un ex-monastero affacciato sulla laguna. Detenute provenienti dal mondo intero,
i loro bambini e le agenti penitenziarie vivono in una promiscuità senza tregua,
destreggiandosi ciascuno a suo modo fra gerarchie, amicizie, giochi di ruolo e
di potere.
Note di regia
Dopo due anni di trattative, mi è stato concesso di filmare la prigione della mia città natale. Una tale durata delle riprese era indispensabile per cogliere le sfaccettature di un'istituzione ambigua e paradossale, un carcere "aperto". In bilico tra rituali stabiliti e anomalie, il quotidiano di questo microcosmo è spesso dinamico, vivace, in opposizione al peso della reclusione e della solitudine. Filmando, ho cercato di mostrare questa dicotomia e la complessità delle relazioni all'interno di una realtà così singolare.
Menzione speciale della giuria al Festival dei popoli
"Il film nasce per esplorare questa istituzione un po' particolare, che è un carcere molto più aperto rispetto algli altri. Ho voluto mostrare cosa rimane di un carcere quando le sue caratteristiche tipiche svaniscono. La sfida che mi sono posta era quella di voler mostrare l'istituzione con tutte le sue contraddizioni", ha commentato Penelope Bortoluzzi nell'incontro con il pubblico in sala avvenuto dopo la premiazione. Il documentario mostra, infatti, la vita quotidiana all'interno del carcere femminile di Venezia, dove la regista ha filmato per più di un anno le detenutene nei corridoi e negli spazi comuni senza mai violare la loro intimità e "privacy". "Ho voluto concentrare il mio lavoro sulla ripresa degli spazi comuni, che non fossero quelli del lavoro e delle celle. Queste ultime sono state l'unico divieto che mi hanno imposto nel filmare, che ho accetteto volentieri perchè ho potuto rispettare la privacy delle detenute che è già molto minata dal fatto che le celle sono camerate di 8-10 persone".
“…una giovane regista, Penelope Bortoluzzi ,veneziana, studi di letteratura e di musica, poi di cinema a Parigi dove realizza il suo primo cortometraggio, Coulisses, su un gruppo teatrale di attori sordomuti. Fondamenta delle convertite (col sostegno del Cnc francese) l'ha riportata a Venezia, visto che il luogo del titolo è il carcere femminile della città, un vecchio monastero sull'isola della Giudecca. Lì vivono insieme donne di molti paesi diversi, slave, africane, caraibiche ma anche italiane coi loro bambini che come le mamme ridono, piangono, soffrono questa condizione inconsapevole per chi come loro non conosce altro orizzonte che quello del carcere. La regista le ha filmate per un anno, conquistando un vicinanza che le porta nel film senza forzature (anche qui non ci sono interviste o soluzioni simili). Sono loro a decidere come e quando mostrarsi, in che modo «occupare» l'inquadratura, se sorridere o restare in silenzio, dalle prime sequenze nei lunghi corridoi, passi, chiavi che sbattono, i panni messi sugli stendini. Un movimento incessante durante il giorno, le donne chiacchierano, prendono il sole in cortile, stendono i vestiti al sole, giocano coi ragazzini. Di questo mondo, confuso e diviso al tempo stesso fanno parte anche le sorveglianti, a volte sembrano confondersi, scambiano battute con le detenute - «Guarda come è abbronzata e con che faccia, chissà che bagni ha fatto» ammicca maliziosa una detenuta alla sorvegliante che la sua vita privata non ne vuole parlare, lì'in carcere c'è solo quella pubblica. La ragazzina finge di parlare al telefono, con chi parli, le chiedono le donne, con l'avvocato? Il tempo scorre e sembra immoto, cieli rossi di tramonto sulla laguna, il tempo della prigione, dell'attesa e dell'incertezza che la regista filma con grande sensibilità. Un occhio vicino che non se ne fa però divorare.”
Cristina Piccino – IL MANIFESTO
data pubblicazione: 15 Febbraio 2009